5) Dalla cultura chirografica alla cultura tipografica


La stampa amplifica le trasformazioni della scrittura, modifica il pensiero e la conoscenza ed influenza cultura, religione e società

Nonostante le innovazioni cognitive favorite dalla scrittura per molti secoli la società rimase ancorata all’oralità: i manoscritti erano infatti perlopiù destinati ad essere letti in pubblico.

L’avvento della stampa alfabetica a caratteri mobili, oltre ad aver catalizzato e diffuso molte delle dinamiche evolutive inaugurate dalla scrittura, introduce anche elementi di innovazione nell’attività cognitiva del pensiero.

Il testo stampato, più facile da leggere, favorisce ulteriormente la pratica della privatizzazione della lettura (l’atto comunicativo si fa individuale, non più strettamente dipendente dal rapporto interpersonale), l’esame retrospettivo, l’interiorizzazione dell’io, il senso della storia, lo sviluppo del pensiero scientifico.

L’accresciuta disponibilità di testi rende finalmente perseguibile l’ideale di una alfabetizzazione universale, mentre l’accumulo ed il confronto di quantità enormi di informazioni determina l’affermarsi di ulteriori abilità di tipo analitico e la creazione delle prime tassonomie.

Dall’esigenza di gestire una quantità sempre crescente di informazione si sviluppano infatti forme di organizzazione del contenuto che condizionano analoghe funzioni mentali e rappresentazioni cognitive: la conoscenza si suddivide in capitoli e sezioni, si ordina in indici, si veicola con una ortografia standardizzata e attraverso una successione sequenziale delle frasi.

Si genera inoltre un senso di chiusura cognitiva, favorita dall’impressione che l’opera sia un’unità autonoma e compiuta.

La stampa incoraggia un senso di chiusura, l’impressione che ciò che si trova in un testo sia finito, abbia raggiunto lo stato di completezza. Questa sensazione influisce sulla letteratura, sulla filosofia analitica e sul lavoro scientifico.

Isolando il pensiero sulla superficie scritta, separata da qualsiasi interlocutore, e in questo senso rendendo l’espressione autonoma e indifferente all’attacco, la scrittura presenta espressione e pensiero come separati dal resto, in qualche modo autonomi e completi.

Il libro, aspirando all’autosufficienza, diventa manuale, influendo a livello epistemologico sulla struttura disciplinare del sapere: ogni disciplina si fa chiusa in se stessa, autoreferente, organicamente completa, poco o nulla dialoga con le altre discipline. Inoltre,

per la prima volta si fa l’ipotesi che il significato venga dato dal testo, non dalle conoscenze precedenti codificate… e neppure dal contesto percettivo nel quale la frase era stata detta, ma piuttosto dalla struttura stessa del discorso.

La consapevolezza dell’autonomia del testo, secondo Olson, sembra infatti aver favorito Lutero nel sostenere che il testo della Bibbia offra al suo interno un contesto sufficiente per determinarne il significato, senza il bisogno di un apparato esterno preposto istituzionalmente alla sua interpretazione.

Sia Olson che Ong affermano infine che l’idea del testo come sistema chiuso e autosufficiente abbia influenzato considerevolmente vari movimenti e settori della cultura, determinando ad esempio la nascita della logica moderna e del Romanticismo. La prima può essere vista come la

«conseguenza della tecnica di costruire asserzioni da cui altre asserzioni possono essere tratte per implicazione».

La nascita del Romanticismo potrebbe invece derivare dall’anelito a soddisfare i criteri di originalità e creatività dell’opera che si sono rafforzati con la nozione del testo come unità in se stessa chiusa, autonoma, individuale.

note

1) Walter J. Ong, Oralità e scrittura, Milano, Il Mulino, 1986, p. 187.

2) David Olson, Media and symbols. The forms of expression, communication and education, Chicago, Chicago University Press, 1974, p. 153.

3) Antonio Calvani, Dal libro stampato al libro multimediale, cit., p. 75.

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