1) Introduzione: Tecnologie della mente


Ogni tecnologia della comunicazione instaura un rapporto “ecologico” e simbiotico con il nostro modo di pensare

Tra le definizioni che si possono dare dei nuovi media la più rilevante, ai fini di questa ricerca, sembra essere quella di “tecnologie cognitive”, ovvero, nelle parole di Calvani, «dispositivi in grado di coinvolgere processi interni della mente», strumenti «capaci di specifiche integrazioni con i modi interni del pensiero».

I nuovi media si relazionano quindi, nella storia dell’evoluzione della cultura, a tutte le altre tecnologie cognitive che si sono accompagnate, nel corso dei secoli, a profonde e radicali trasformazioni nei modi di pensare e di elaborare simboli e informazioni di diversa natura.

Ogni innovazione nella tecnologia della comunicazione promuove infatti riorganizzazioni sensoriali e cognitive che trasferiscono una serie di compiti e funzioni interne (mentali) su supporti esterni (fisici), favorendo un alleggerimento del carico cognitivo e un conseguente aumento del grado di benessere.

Scrive Pierre Lévy:

Quasi sempre una tecnologia intellettuale esteriorizza, oggettivizza, virtualizza una funzione cognitiva, un’attività mentale. In tal modo essa riorganizza l’economia e l’ecologia intellettuale nel suo insieme e modifica di rimando la funzione cognitiva che avrebbe dovuto limitarsi ad assistere o rafforzare, come attestano i rapporti tra scrittura (tecnologia intellettuale) e memoria (funzione cognitiva).

Da una parte si è sempre temuto che ciò, scoraggiando il confronto con problemi di crescente impegno e complessità, determini l’abbassamento qualitativo degli apprendimenti o l’indebolimento di specifiche facoltà intellettuali. Dall’altra, afferma Calvani, la storia mostra anche come dalle nuove sinergie che si instaurano tra mente e medium possano emergere nuove potenzialità costruttive per il pensiero, nuove pratiche cognitive e culturali, nuove forme di rappresentazione della realtà e della conoscenza. Come scrive Rivoltella:

L’avvento di ogni nuova tecnologia produce una profonda trasformazione del significato delle parole, cambia il nostro modo di pensare la conoscenza e la verità, altera la nostra visione del mondo… La trasformazione tecnologica, come suggerisce Postman, non è né additiva, né sottrattiva: è ecologica. “Io intendo ecologica nello stesso senso in cui la parola viene usata dagli scienziati dell’ambiente”. Quando una nuova tecnologia subentra non toglie, né aggiunge nulla al nostro sistema socio-culturale: cambia tutto!

Si avverte quindi, più o meno inconsciamente, che il diffondersi di una nuova tecnologia della comunicazione rappresenti una minaccia per un assetto cognitivo e culturale consolidato; risuonano quindi i primi gridi di allarme, si accendono i dibattiti che, con argomentazioni che si ripresentano di volta in volta simili, vedono fronteggiarsi le contrapposte posizioni, secondo la nota formula di Umberto Eco, degli “apocalittici” (cioè coloro che ritengono un errore e quasi uno scandalo l’abbandono delle forme tradizionali di diffusione del sapere) e degli “integrati” (ossia gli entusiasti ed acritici sostenitori dell’innovazione). Entrambi, come li definisce Postman, zelanti profeti con un occhio solo che vedono solo ciò che vogliono vedere senza rendersi conto che «ogni tecnologia è al tempo stesso un danno e una benedizione; non è l’una cosa o l’altra, è l’una cosa e l’altra».

Ogni valutazione applicabile ai media non può, innanzitutto, prescindere dall’accezione e dalla definizione che si applica al termine “medium”; se ad esempio si considera il medium come “mezzo”, “strumento in sé neutro”, “semplice canale” deputato al traffico di informazioni, ci si riappropria certo della responsabilità sulla comunicazione e sui messaggi che vengono veicolati, attraverso i media, in una determinata società e cultura; tale impostazione, in seguito criticata e superata, giocò invece un ruolo importante nella prima metà del secolo scorso, nell’equilibrare le contrapposte e decisamente riduttive posizioni sulle quali si arroccavano apocalittici e integrati in seguito alla progressiva diffusione della radio come medium di massa.

A partire dagli anni ’50 emergono tuttavia altre e più consapevoli definizioni ed accezioni del termine “medium” che evidenziano particolari aspetti quali:

Tutti aspetti che mostrano come i media (e i nuovi media) possano facilmente diventare il luogo privilegiato di proiezione delle nostre speranze e dei nostri timori riguardo ai possibili sviluppi futuri della società e della cultura. Ma anche spunti di riflessione che convergono verso una definizione di una “ecologia mediale” che, come afferma Calvani, esprime

la necessità di sviluppare un soggetto equilibrato evitando forme di “malnutrizione cognitiva” (eccessi, obesità mediale, o all’opposto scarsezza, assenza di familiarità con alcuni media). Abbiamo bisogno di progettare il contesto educativo con molta saggezza: esperienza diretta, guidata, dialogo, libro, televisione e computer devono trovare il giusto equilibrio nella vita di ciascuno.

note

1) Definizioni analoghe sono ad esempio quella di Lévy, “tecnologie intellettuali”, e quella di De Kerckhove, “psicotecnologie”, che amplia il concetto di McLuhan di media “come estensioni del sé”: «i sistemi di elaborazione delle informazioni come computer e video sono estensioni di alcune delle principali proprietà tecnologiche della nostra mente. In questo senso possono essere definite tecnologie della psiche: psicotecnologie» (Derrick De Kerckhove, La pelle della cultura. Un’indagine sulla nuova realtà elettronica, Genova, Costa & Nolan, 2000, p. 210).

2) Antonio Calvani, I nuovi media nella scuola. Perché, come, quando avvalersene, Roma, Carocci, 1999, pp. 9-16.

3) Pierre Lévy, Il virtuale, Milano, Raffaello Cortina, 1997, p. 28.

4) Pier Cesare Rivoltella, cit. in Gianna Cappello, “Comunicazione, storia e cultura”,
<risorsa online non più disponibile>.

5) Neil Postman, Technopoly. La resa della cultura alla tecnologia, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, p. 12.

6) Antonio Calvani, I nuovi media nella scuola…, cit., p. 55.

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